Castelli di storie: la storia recente di Castello Macchiaroli

«Facciamo a dirlo chiaro. Edifici così vasti non si mantengono checché vi si spenda se non si usano». Fu questo il commento dell’onorevole Ruggero Bonghi dopo aver visitato la Certosa di Padula nel 1888, quando si discuteva sulla utilizzazione del cenobio certosino. Proprio all’ammonimento del famoso uomo politico ottocentesco (fu anche ministro per l’istruzione pubblica) sembra essersi ispirata Gisella Macchiaroli, figlia ed erede dell’editore teggianese-napoletano, Gaetano, scomparso nel 2005 (la sua libreria di via Carducci a Napoli era meta dei più bei nomi della cultura e della politica italiana), quando ha deciso di seguire l’esempio del genitore (memorabili alcuni avvenimenti culturali organizzati nella sala Stefano Macchiaroli tra i quali va ricordata la mostra del 1996, visitata da circa 100.000 persone su Giacomo Leopardi: la vita, i luoghi e le opere, realizzata con l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica) ed utilizzare il castello di Teggiano per grandi eventi non solo culturali ma anche di carattere mondano. La giovane manager (studi in Italia ma anche in Inghilterra e negli Stati Uniti) ha deciso di utilizzare in loco le numerose esperienze maturate nel settore della comunicazione e del marketing (è stata, tra l’altro, responsabile degli uffici stampa della MSC Crociere ed ha maturato una notevole esperienza anche nel campo della grafica).

Dopo avere ultimato i lavori di restauro iniziati dal padre (il primo progetto risale agli anni ’80 e porta la firma degli architetti Uberto Siola e Gianni Pisciotti) la Macchiaroli ha dato vita ad una società denominata “Il Castello srl” con quattro amici che amano il Vallo di Diano, Guido Gnocchi, Giovanni Riccardi, Michele Santoriello e Concetto Saraò.
Sono già stati organizzati numerosi eventi di carattere mondano (anche pranzi e cene di matrimonio e ciò è stato possibile proprio grazie all’adeguamento dell’antico maniero alle esigenze del moderno.
L’incontro con Gisella Macchiaroli avviene una domenica pomeriggio proprio mentre è impegnata a dare gli ultimi suggerimenti per una cena di gala. Non è un’intervista ma una visita che Il Paradosso ha voluto proprio per evidenziare quanto importante sia per il territorio far conoscere simili iniziative imprenditoriali.

Moderno-antico un binomio doc

Tra un suggerimento ad un cameriere ed una telefonata per gli ultimi ordinativi ci spiega ciò che è stato realizzato: «Sotto l’egida della Soprintendenza sono stati effettuati lavori particolari in modo da creare un contrasto tra moderno ed antico che, ove possibile, è stato salvaguardato. Volevamo mantenere il rigore ma, al tempo stesso, offrire una lettura in chiave moderna senza perdere di vista il territorio con il quale vogliamo agire in sinergia».
Nuove anche le suppellettili (tavoli, sedie, candelabri e impianto di illuminazione) e, soprattutto, le cucine «perché i nostri cuochi possano preparare piatti della tradizione utilizzando solo prodotti freschi».
Ogni sala ha un nome legato al casato degli antichi proprietari del castello: Antonello Sanseverino, Principi Colonna, Principi di Stigliano, Gomez de Silva, Duca di Calà.
Nel 1857 la parte nord occidentale viene acquistata dal teggianese Pasquale de Honestis che inizia la trasformazione definitiva in edificio per abitazioni civili mentre la parte sud orientale viene acquistata dai Macchiaroli che lo hanno utilizzato come propria dimora.

Monumento polivalente

Per Gisella la riapertura del castello assume, però, un carattere particolare: «Volevo far rivivere il castello perché era questo il sogno di mio padre che, pur vivendo a Napoli, ha sempre mantenuto solidi rapporti con Teggiano ed il Vallo di Diano». I lavori effettuati rappresentano un chiaro esempio di come sia possibile utilizzare un monumento storico come struttura polivalente disponibile per manifestazioni, iniziative culturali ed ora anche eventi di carattere mondano. Costruito in epoca normanna, appartenuto ai Sanseverino conti di Marsico, il castello di Teggiano dopo l’unità d’Italia) Antonello Sanseverino, principe di Salerno e signore dello Stato di Diano, insieme a molti altri feudatari della zona, ordì la Congiura dei baroni, una sorta di sommossa fiscale contro il re di Napoli Federico d’Aragona, che si concluse nel 1487. Il castello è citato nella storia del Regno di Napoli per due fatti memorabili avvenuti in esso:

  • la Congiura dei Baroni contro il re Ferdinando I d’Aragona. Nel 1485, sotto la guida del Principe Antonello Sanseverino, i Baroni della zona, stanchi di contribuire in maniera sempre crescente alle spese militari del Re, si ribellarono riunendosi al Diano;
  • l’assedio di Diano del 1497.

Articolo di Geppino D’Amico,  tratto da il Paradosso, settembre 2013