Sorta nel 1994 ad opera della Pro Loco di Teggiano, da oltre venti anni si svolge Alla tavola della Principessa Costanza, rievocazione storica fra le più belle e storicamente accurate d’Italia. L’evento, che si tiene a metà agosto, è ambientato nella magnifica cornice del comune di Teggiano e del Castello Macchiaroli. Diversi gli spettacoli che si susseguono durante i tre giorni dell’evento: dal corteo guidato dai figuranti di Antonello Sanseverino e Costanza, al consiglio comunale che diede il via al matrimonio fra i due, fino all’assalto al castello da parte di re Federico d’Aragona.
Ogni anno prendono parte alla manifestazione circa quarantamila persone, che da ogni angolo della Campania e non solo vengono a rivivere i fasti medievali.
Durante la manifestazione, per le strade di Teggiano è possibile ritrovare le fedeli ricostruzioni della fine del Quattrocento. In uno dei comuni salernitani che meglio conservano la tradizione medievale di queste terre, è possibile ritrovare gli antichi mestieri: il fabbro, il coniatore, l’orafo, il vetraio, il cuoiaio, il cordaio, il maniscalco e molti altri ancora. Un patrimonio culturale, che sempre va affievolendosi, in questa rievocazione viene riportato alla luce.
Nel corso della manifestazione, presso le locande della città, è possibile degustare alcuni piatti tipici. Tutti i piatti possono essere acquistati con le monete dell’epoca: il Coronato, del valore di 5 euro, il Ducato, del valore di 4 euro, il Tari, del valore di 2 euro, e il Tornese, del valore di 1 euro.
L’evento de Alla tavola della Principessa Costanza inizia con la rievocazione storica della visita avvenuta nell’agosto del 1481 di Costanza da Montefeltro, figlia di Federico, Duca di Urbino. Questa, infatti, l’anno precedente aveva sposato Antonello Sanseverino, principe di Salerno e signore di Diano. La visita ebbe grande eco nel Stato di Diano, al punto che tutti i comuni contribuirono a organizzare i festeggiamenti. Il corteo guidato dai figuranti di Antonello e Costanza, rigorosamente in costume, prende inizio da Castello Macchiaroli e si dirige verso l’Antico Sedile, dove si svolge la rievocazione del consiglio comunale che diede il via libera al matrimonio fra Antonello e Costanza. Ad esso, oltre ai protagonisti, prendono parte anche sbandieratori, tamburini e giocolieri e altre figure storiche.
Mastri dell’arte e popolo dei villici, audite. At breve et imminente, nel canto della piazza maggiore, sotto lo seggio accapo della via tenersi deve lo consiglio della viamenze universitaria.
Giunti all’antico Sedile, cioè il loggiato che viene formandosi dall’incrocio del Cardo e del Decumano, il corteo storico di Alla tavola della Principessa Costanza si arresta per un’altra rievocazione. Si tratta del consiglio del 1480, che diede il via libera al matrimonio fra Antonello e Costanza. Qui, intorno a un tavolo di pietra, viene celebrato, presieduto dai principi, la riunione delle autorità della Universitas.
A seguire, poi, la Giostra dei Ceri e il Palio dei Casali. Si tratta di un concorso fra i Casali appartenenti allo Stato di Diano nel 1480. Ad esso prendono parte rappresentanti dei comuni di Teggiano, San Pietro al Tanagro, Sant’Arsenio, San Rufo, Sassano e Monte San Giacomo.
Nulla lasciava presagire ciò che di lì a poco sarebbe avvenuto. Antonello conosceva bene gli Aragonesi. Sapeva bene quanto fossero benevoli con gli Aragonesi. Sapeva bene quanto fossero benevoli con gli amici e crudeli con i nemici. Li aveva frequentati per tantissimi anni. Egli stesso ne aveva condiviso piaceri e dolori. Ma ormai la posta in gioco era troppo alta. Gli Angioini gli avevano garantito aiuti consistenti, ma tutto ciò non era avvenuto. I baroni ribelli, fedeli ad Antonello, erano poveri e male organizzati. Eppure Antonello aveva il favore del popolo, era amato così com’era amata la bellissima Costanza da Montefeltro. Antonello sospettava che nel castello qualcuno tramasse contro di lui, ma non aveva le prove, né indizi e sospetti su qualcuno. Nonostante l’assedio, le dispense del castello erano ancora colme di ogni ben di Dio, i forzieri erano traboccanti di monete d’oro e gli armigeni erano sazi del cibo e della paga. Su tutti i torrioni dell’abitato erano dislocate le vedette. Al minimo sentore di un possibile attacco da parte degli Aragonesi, tutti erano pronti a difendersi. Le vie d’accesso erano tutte saldamente difese. Era ormai notte fonda: Antonella e Costanza si erano ritirati nei loro appartamenti. Improvvisamente, allo scoccare della mezzanotte, si sollevò una fitta nebbia che già mai occhio umano aveva veduta. Non si udiva il latrare dei cani, né il belare degli agnelli, né il muggito dei buoni. Neppure il pianto di un bimbo si udiva. Eppure le notti precedenti gran frastuono di bombarde aveva turbato il sonno di tutti gli abitanti. Egli sul poggio reale, sul punto più alto della collina dedicata a Santo Michele sedeva l’Aragonese. Imperturbabile, immobile, con gli occhi fiammeggianti colmi di odio e di ferocia. Indossava l’elmo della guerra, al suo fianco il fedele capitano. Dal monte non si udiva nessun suono, né una luce, né un fuoco. Tutto era così irreale, lo spettro della morte si aggirava tutto intorno, se ne sentiva l’alito, se ne avvertiva il fetore. L’Aragonese aveva previsto tutto: aveva consultato gli astrologi, aveva assoldato alchimisti venuti da lontano. L’ordine era perentorio: «Voglio armi capaci di distruggere l’abitato!». Questo era l’0rdine che aveva dato. Gli alchimisti, le migliori menti del regno, avevano lavorato alacremente. Il risultato era ormai palpabile: avevano ideato e realizzato una nuova arma. L’involucro esterno, fatto di rame sottilissimo capace di fondersi in pochi minuti e all’interno pece bollente. Avevano appreso questa tecnica dagli Ottomani, dopo uno degli innumerevoli attacchi alla santa Gerusalemme. L’Aragonese sollevò la mano destra. Diede il segnale. Dal poggio reale improvvisamente e dal nulla apparvero le nuove catapulte. Gli artificieri erano già pronti. Le bombarde di rame, colme di pece già incendiate, vennero poste sulle catapulte. Un attimo dopo, il cielo si illuminava di queste stelle di fuoco. Il castello ardeva e bruciava in ogni sua parte. I torrioni apparivano come enormi torce. Ebbe così inizio la battaglia.
Intorno a mezzanotte Alla tavola della Principessa Costanza giunge al culmine con l’assalto al castello. Si tratta della rievocazione storica dell’assedio che il castello dovette affrontare nel 1497. Qui, infatti, Antonello scelse di difendersi dopo aver ordito una congiura contro il re di Napoli, Federico d’Aragona. Di fronte a un esercito di ventimila fanti e cavalieri, Castello Macchiaroli resistette per oltre due mesi, capitolando solo in virtù di nuove truppe giunte a dar manforte all’esercito reale. Durante la rievocazione, il castello viene letteralmente preso d’assalto dai figurati. Circa 150 fra trombonieri e artibugieri rappresentano perfettamente l’assalto con armi dell’epoca e spettacoli pirotecnici che rendono la battaglia in ogni dettaglio.