Le notizie più antiche del Castello Macchiaroli a Teggiano, Diano fino al 1862, sono contenute in un privilegio del 27 maggio 1405. Con esso, il re Ladislao di Durazzo concesse ai dianesi – che avevano intrapreso, in ottemperanza a una disposizione regia, la ristrutturazione del castello con la costruzione di una grossa torre – sgravi fiscali e un contributo finanziario dovuto da città e casali del Vallo di Diano in ragione del numero degli abitanti. In quell’anno il feudo di Diano apparteneva al demanio regio, avendolo Ladislao confiscato ai Sanseverino conti di Marsico, insieme con altre città e terre di loro dominio, per punirli di essere stati suoi nemici, cioè fautori degli Angioini di Provenza.
Un altro importante restauro del Castello Macchiaroli fu eseguito nel 1487 per ordine del re Ferdinando I d’Aragona, condotto dell’architetto fiorentino Giuliano da Sangallo. In questo periodo Diano apparteneva al demanio regio, essendo stata confiscata al principe Antonello Sanseverino, dichiarato ribelle per aver capeggiato nel 1485 la Congiura dei Baroni, preparata nel Castello di Diano. Con i lavori del 1487, il Castello vide confermato il suo ruolo strategico per la difesa del territorio circostante.
Il castello presentava un mastio coperto a coppa, al quale facevano corona cinque torrioni cilindrici, scoperti e fortemente scarpati. In uno di essi, detto Torre della Giammaruca, una scala a chiocciola dalla sommità scendeva verso un’uscita d’emergenza che, passando sotto i muri di cinta, portava fuori dal Castello. I torrioni erano congiunti da robuste cortine merlate, nell’area centrale sorgeva l’edificio tetragono con vari ambienti che si affacciavano su una spaziosa corte che per tutta la sua ampiezza copre una cisterna capace di assicurare la riserva d’acqua necessaria per resistere a un lungo assedio. La fortezza era circondata da un profondo e largo fossato, sul quale potevano essere abbassati due ponti levatoi situati rispettivamente sul lato sud e sul lato ovest.
Per le sue poderose difese, Antonello scelse Castello Macchiaroli come ultimo baluardo. Nel 1497, rinchiuso nel castello, sostenne l’assedio del re Federico d’Aragona, giunto col suo esercito a snidare il principe di Salerno, nuovamente ribellatosi. Per circa due mesi la rocca di Diano fu inespugnabile, anche grazie alla strenua difesa dei dianesi. Tuttavia, col sopraggiungere di un altro contingente militare al comando di Gonsalvo Fernandez de Cordoba, Antonello si arrese a onorevoli condizioni. Terminò così il periodo bellicoso del Castello di Diano. L’ultimo rampollo dei Sanseverino, l’inquieto Ferrante, venne travolto dalla politica antibaronale del viceré don Pietro di Toledo perdendo i suoi feudi e si estinse nel 1552.
Col subentrare di nuovi feudatari, che si succedono a breve distanza di tempo, il Castello Macchiaroli muta il suo ruolo: passa da bellicosa fortezza sanseverinesca a tranquilla residenza feudale, abitata quasi sempre da un governatore che cura gli interessi del barone, presiede il tribunale locale e sorveglia l’ordine pubblico. I restauri fatti eseguire da Giovanni Villano, terzo marchese di Polla e signore di Diano, certamente furono finalizzati al recupero della zona residenziale. Dal 1652 il Castello passa ai Calà, duchi di Diano, i quali lo tengono fino al 1801, anno in cui donna Brigida Calà sposa Vincenzo Schipani e gli trasmette il feudo, il titolo e il castello. Poi, con l’abolizione del sistema feudale decretata il 2 agosto del 1806 da Giuseppe Buonaparte, il Castello assume il nuovo e definitivo ruolo di residenza privata.
Nel 1857 la parte nord occidentale venne acquistata dal teggianese Pasquale De Honestis che iniziò la trasformazione definitiva in edificio per abitazioni civili e fece erigere all’ingresso il portale neorinascimentale che oggi si vede. La parte sud orientale venne acquistata dai Macchiaroli, anch’essi teggianesi, ai quali il castello appartiene attualmente.